[B900] Notizie/B - CfP: AIPI XXI, "Est-Ovest/ Nord-Sud"

Redazione B900 redazione a boll900.it
Lun 30 Dic 2013 03:04:59 CET


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BOLLETTINO '900 - Notizie / B, dicembre 2013

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SOMMARIO:

- CfP: Associazione Internazionale dei Professori di Italiano
(AIPI, XXI)
"Est-Ovest/ Nord-Sud. Frontiere, passaggi, incontri culturali"
Università di Bari, 27-30 agosto 2014
Scadenza CfP: 31 dicembre 2013

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Associazione Internazionale dei Professori di Italiano
(AIPI) XXI Congresso
Est-Ovest/ Nord-Sud. Frontiere, passaggi, incontri culturali

27-30 agosto 2014
Università di Bari

Coordinamento del Comitato Organizzativo:
Pasquale Guaragnella (Università di Bari)
pasquale.guaragnella a uniba.it


Il XXI Congresso AIPI a Bari si ispira ai valori e alle
tradizioni di una terra, la Puglia, che, in successione
occupata da Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Francesi,
Spagnoli ed altri, fu sempre, dai tempi più remoti ai giorni
nostri, all’incrocio tra Est e Ovest, Nord e Sud. Il laboratorio
culturale pugliese offre lo spunto per riflettere sulla secolare
ibridità della lingua e della letteratura italiane. Ci si augura
che la tematica scelta stimoli interventi sull’ibridità
linguistica, sull’incrocio di tradizioni, generi, discorsi e
testi, sulle letterature di migrazione tra passato e presente,
sulla rappresentazione dell’Altro (straniero, barbaro, esotico,
etc.) nella letteratura italiana, sul valore del plurilinguismo
e dell’interculturalità nella didattica della lingua, della
letteratura e della civiltà italiane.

Il XXI congresso AIPI 2014 si articola in 8-10 sezioni. I soci
interessati a intervenire sono pregati di indirizzare le loro
proposte, entro il 31 dicembre 2013, ai responsabili delle singole
sezioni. La scelta delle proposte avverrà in base alla loro
pertinenza al tema delle varie sezioni. Il congresso è aperto
anche a soci nuovi.

I responsabili delle sezioni si occuperanno della scelta dei
relatori (al massimo 15 a 20 per sezione) e cureranno la redazione
e pubblicazione degli atti. Si chiederà ai relatori di versare
la quota per due anni consecutivi (2014/2015) per far diventare
effettiva l’accettazione della loro proposta (pagamento elettronico).


Sezione 1
Nuove geografie letterarie nell’Italia del XXI secolo
a cura di Silvia Contarini, Giuliana Pias, Lucia Quaquarelli
(Univ. di Parigi-Nanterre), e Margherita Marras (Univ. di Avignon)
silvia.contarini a wanadoo.fr

Nella sua opera di riferimento, Geografia e storia della
letteratura italiana (1967), Dionisotti insisteva sulla necessità
di riconoscere la dimensione territoriale, oltre che storica,
dei testi letterari, dando della letteratura italiana un’immagine
pluricentrica e polimorfa.
Tenuto conto della molteplicità delle esperienze culturali e
linguistiche succedutesi nell’arco di quasi 50 anni, nonché dei
processi di accelerato contatto fra culture, sarebbe quanto mai
interessante verificare e aggiornare le mappature, indagando
le peculiarità delle territorialità (o de-territorialità) che
caratterizzano l’attuale panorama letterario.
È ancora pertinente e incisivo l’elemento geografico-culturale
nella produzione letteraria italiana più recente?
Qual è l’impatto di fenomeni come migrazione, mondializzazione,
circolazione internazionale sulla geografia letteraria nazionale?
Qual è l’influenza del radicamento in (o dello sradicamento da)
territori di origine, di transito, di approdo?
Si registrano variazioni significative nelle letterature (come
quella siciliana, sarda, veneta o altre) da sempre connotate da
una forte specificità geografica e linguistica?
Ci si può chiedere inoltre: in che misura le nuove plurali
sollecitazioni – cui oggi sono sottoposti gli immaginari, a
confronto diretto con contesti internazionali e nuovi linguaggi
– cambiano la prospettiva del locale e del nazionale? Ed esistono
narrazioni che attraversano confini e nazionalità, partendo da
uno spazio locale, riprendendo e/o riformulando moduli narrativi
autoctoni e/o tradizionali?
Per rispondere a queste e altre domande, le due linee cardinali
nord-sud ed est-ovest, nonché le spazialità “globali-locali”,
andranno esplorate soprattutto nelle loro interazioni.


Sezione 2
I traduttori come mediatori interculturali
a cura di Sergio Portelli (Univ. di Malta), e Bart van
den Bossche (Univ. di Lovanio)
bart.vandenbossche a arts.kuleuven.be

La metafora della traduzione come ponte tra culture, ormai
ampiamente diffusa, colloca il traduttore nel ruolo di costruttore
di ponti interculturali (mediatore fra letterature e culture). Nel
corso dei secoli, i traduttori di opere letterarie hanno avuto
un ruolo importante, benché molto spesso trascurato dalla critica,
nella disseminazione, ricezione e trasformazione di tematiche,
generi, stili e poetiche da una letteratura all’altra.
In questa sezione ci si propone di approfondire le seguenti
tematiche su tale argomento: traduttori e la (in)visibilità della
loro mediazione interculturale; gli scrittori-traduttori come
mediatori attivi (ossia che introducono nella propria opera
elementi della letteratura che hanno tradotto); rappresentazioni
di traduttori come mediatori in opere letterarie, e il fenomeno
dell’autotraduzione come mediazione (inter)culturale. Si darà la
preferenza ai contributi riguardanti i traduttori in italiano,
ma saranno considerate anche le proposte aventi per tema i
traduttori dall’italiano ad altre lingue.


Sezione 3
Narrarsi per ritrovarsi: pratiche autobiografiche nelle esperienze
di migrazione, esilio, deportazione
a cura di Peter Kuon (Univ. di Salisburgo), e Monica Bandella
(Archivio delle memorie migranti, Roma)
peter.kuon a sbg.ac.at

Da sempre la letteratura si nutre dell’esperienza di esiliati,
deportati, migranti, profughi, persone che vivono e scrivono il
passaggio delle frontiere come causa di una trasformazione profonda
nelle loro vite, che in molti casi si trasforma in un vero e
proprio sradicamento identitario e culturale. Uno dei primi gesti
del soggetto la cui esistenza è stravolta da un allontanamento
forzato o inevitabile dal ‘famigliare’ – ovvero l’istinto
dell’essere umano ansioso di ricostruirsi un’identità abitabile
(Ricoeur) –, è infatti spesso quello del raccontare, a voce o
scrivendo, il proprio passato (felice o infelice) nel paese
lasciato, il viaggio, l’arrivo e l’accoglienza, la quotidianità,
le relazioni sociali e tanto altro.
In riferimento a questo specifica situazione narrativa, proponiamo
di considerare l’autobiografico come un insieme di pratiche (Genette)
molto diverse che coprono un territorio mai sufficientemente
esplorato tra voce e scrittura, testimonianza e racconto, documento
e finzione, e che adottano forme letterarie, audiovisive, fotografiche,
artistiche e multimediali in senso lato. Si vuole prendere in
considerazione non solo l’opera letteraria o artistica conclusa e
riconosciuta in quanto tale, ma tutto ciò che, diventando espressione
della propria individualità, aiuta i soggetti sradicati a ricomporsi,
ritrovarsi, e ri-definirsi nella nuova realtà. Fondamentale è allora
anche considerare i contesti di ascolto e ricezione in cui si muovono
i racconti autobiografici di persone che vivono o hanno vissuto
esperienze di migrazione, esilio, deportazione, fuga: nella
ri-determinazione del proprio ‘io’ è infatti inevitabile il confronto
con l’‘altro’. In questi termini si porrà l’attenzione su pratiche
autobiografiche realizzate nella lingua materna, che è a sua volta
spazio identitario, strumento di auto-rivendicazione e appartenenza
ma anche – ed è il caso particolare di persone migrate verso l’Italia
negli ultimi decenni –, nella lingua del paese di accoglienza. La
scelta dell’italiano rivela l’intento fortemente comunicativo di cui
le narrazioni autobiografiche si fanno portavoce, e mette in luce un
vasto e variegato repertorio di contaminazioni linguistiche e culturali
che l’italianistica contemporanea non può ignorare.


Sezione 4
Il linguaggio della moda e del costume italiano
a cura di Dagmar Reichardt e Carmela D’Angelo (Univ. di Groninga)
dagmarreichardt a hotmail.com; m.c.dangelo a rug.nl

Questa sezione si occupa del linguaggio della moda e del costume
italiano dedicandosi all’abbigliamento nel contesto della letteratura,
arte e cultura italiana, ma anche all’argomento della “Moda made in
Italy” come risultato di influssi stranieri e come veicolo didattico.
Dall’impero romano ai giorni nostri, dagli studi sull’antichità
classica (Anne Hollander) e sul Rinascimento (Elizabeth Birbari)
fino all’interpretazione semiotica (Roland Barthes), alle
paradossalità (Elena Esposito) e all’ineluttabilità della moda
(Karl Lagerfeld), il ragionamento teorico sulla moda ha cercato
di spiegarne il significato vitale, storico, simbolico,
sociologico-culturale ed estetico-artistico. Da sempre, le
differenze tra nord e sud, occidente e oriente si riflettono in
maniera evidente nei modi di vestirsi e di tematizzare il tessuto
nei testi letterari, nei film, nell’arte, nel teatro e nella lingua
italiana.
Per aprire una sfera di ricerca innovatrice e interdisciplinare,
questa sezione accoglie proposte di ogni argomento correlato alla
storia culturale italiana della moda e del tessuto, preferibilmente
se posto in un contesto inter- o transculturale: sono pensabili
analisi del discorso ibrido sulla moda nella letteratura e lingua
italiana, nell’arte, nel cinema, nel teatro e nei media, ma anche
singoli studi di griffe italiane, aspetti social-critici (p.es.
dell’economia sommersa e del precariato nel film Gomorra, o il
caso Benetton), di genere (uomo-donna), filosofici ed artistici,
accademie di moda in Italia e/o programmi master legati a case di
moda, il tutto sempre posto nell’ottica degli ibridismi. Dal genere
del film storico in costume (peplum) alla moda nel nuovo millennio,
dal significato del vestito nel Rinascimento italiano fino
all’adattamento cross-mediale della moda italiana in Il diavolo
veste Prada, ogni proposta sarà benvenuta finché sia correlata al
soggetto della moda italiana e si orienti criticamente agli spazi
est-ovest, e/o nord-sud.


Sezione 5
Cinema e migrazione
a cura di Leonarda Trapassi (Univ. di Siviglia), e Linda Garosi
(Univ. di Cordova)
ltrapassi a us.es ; l02garli a uco.es;

Il cinema italiano ha raccontato la trasformazione dell’Italia da
paese di emigrazione a paese di immigrazione. Ampia è la parabola
disegnata dai film italiani che hanno rappresentato il dramma degli
italiani in partenza, nel contesto di esodi interni dal Sud al Nord
o dell’emigrazione verso altri paesi, in cerca di un futuro migliore
(Pane e cioccolata; Nuovomondo, Rocco e i suoi fratelli; Napoletani
a Milano, ecc…).
Nei primi anni ’90 il panorama cinematografico italiano inizia a
rivolgere la propria attenzione alle storie e ai percorsi esistenziali
dei cittadini stranieri nel seno della società italiana, per giungere,
nel 2011, anno dell’uscita del film di Crialese, Terraferma, a una
massiccia presenza nelle sale di pellicole incentrate sull'immigrazione
tale da configurare un nuovo genere, dopo la precedente frequentazione
sporadica e superficiale.
La settima arte narra così l’immigrazione aprendo squarci di verità su
una realtà complessa, che mette al centro soprattutto il dramma umano
dell’identità negata. In quest’ottica il cinema riflette su temi di
scottante e tragica attualità e su profonde dinamiche socio-culturali,
in particolar modo laddove i luoghi dell’esclusione si trasformano in
veri e propri protagonisti della vicenda (Lampedusa, le campagne del
Mezzogiono).
La sezione si propone di studiare nel corso della storia del cinema
italiano le modalità e le scelte stilistiche nella rappresentazione,
tra finzione e realtà, delle storie della migrazione, con particolare
attenzione a:
- conflitti di civiltà; processi di accoglienza, integrazione culturale
e forme di convivenza sociale;
- confini e frontiere: l’Italia come meta di viaggi alla ricerca di un
futuro possibile;
- paura dello straniero; esclusione, discriminazione e identità negata.


Sezione 6
Pragmatica e interculturalità
a cura di Ineke Vedder (Univ. di Amsterdam), e Elisabetta Santoro
(Univ. di San Paolo)
esantoro a uol.com.br; S.C.Vedder a uva.nl

La sezione si propone di raccogliere contributi che investigano lo
sviluppo della competenza pragmatica e della competenza comunicativa
interculturale in italiano L2 in diversi contesti, tra cui quello
guidato e non guidato, dentro e fuori d’Italia. Si pensa, in
particolare, a studi di carattere teorico e empirico che mettano
in relazione teorie legate ai temi proposti e pratica didattica.
Le proposte potranno riguardare ricerche di carattere
pragmalinguistico, come l’acquisizione e l’insegnamento degli atti
linguistici (e.g. richiesta, protesta, rifiuto) in italiano L2;
l’uso dei modificatori (e.g. mitigatori) da parte di apprendenti L2;
lo sviluppo delle conoscenze linguistiche in relazione allo sviluppo
della competenza pragmatica e della competenza comunicativa
interculturale; la valutazione e il confronto tra diversi approcci
per l’insegnamento della pragmatica e dell’interculturalità. Saranno
inoltre benvenuti studi di tipo sociopragmatico che investigano le
caratteristiche di vari tipi di scambi conversazionali in contesti
culturali e linguistici diversi: le conversazioni faccia a faccia tra
parlanti nativi e non nativi; le interazioni tra apprendenti L2; le
interazioni didattiche tra insegnanti e apprendenti; le conversazioni
a distanza, tra cui quelle telefoniche o quelle effettuate tramite gli
scambi dialogici in film e fiction; le ricerche corpus based.


Sezione 7
Le rappresentazioni della crisi nel nuovo Millennio. Tra utopia e
distopia, tra il Nord e il Sud italiano
a cura di Monica Jansen (Univ. di Utrecht), Srecko Jurisic
(Univ. di Spalato), Natalie Dupré e Inge Lanslots (Univ. di Lovanio)
sreckojurisic a gmail.com

Il concetto di crisi, nella sua polivalenza, è indicatore sia di
emergenze da risanare e quindi di distopie, sia di nodi nevralgici
che nella loro complessità generano desideri, e quindi utopie.
Attualmente, il vocabolo ha invaso, oltre al campo economico-finanziario,
in maniera capillare l’esistenza al punto che ormai riesce difficile
immaginare un mondo senza crisi. L’immaginario della crisi comporta
le rappresentazioni letterarie (e artistiche in generale) di una visione
utopica o distopica del mondo. Si intende nella presente sessione
prendere in esame il passaggio alla Seconda Repubblica e al Nuovo
Millennio che ha visto l’Italia trasformarsi attraverso numerosi
rivolgimenti storici, socio-economici, politici e culturali che ne
hanno inevitabilmente plasmato il profilo artistico. Si vogliono perciò
interrogare i concetti che si propongono sia come indicatori di crisi
in diversi campi di sapere (precarietà, criminalità, complotto,
narcisismo, edonismo, nazionalismo, razzismo ecc.) sia come indicatori
di modalità per uscirne (nomadismo, primitivismo, autonomia, ecologismo,
rivoluzione ecc.), sia come concetti ambivalenti che esprimono le due
dimensioni contemporaneamente (postcolonialismo, postmodernismo ecc.).
Le utopie o distopie che essi generano sono inevitabilmente relative
al punto di vista e dunque soggetti alla ‘relazionalità’ o la
‘dipendenza’, ‘subalternità’ di chi produce le narrazioni in cui essi
vengono messi ad operare. La sessione invita a riflettere sulle diverse
narrazioni della crisi tra il nord e il sud italiani, partendo dal
presupposto che ogni binarismo tra utopia e distopia parte da una
molteplicità di punti di vista, che si organizzano nella forma del
conflitto o si incontrano in un progetto per il futuro. La sessione è
volutamente formulata in modo aperto, avendo come scopo quello di
riflettere sulla complessità delle narrazioni sulla crisi, che spesso
vengono lette in una luce univoca, utopica o distopica che sia.


Sezione 8
Musica italiana e d’oltralpe nel Quattro-Cinquecento come presupposto
dell’interazione linguistica e culturale
a cura di Francesco Luisi (Univ. di Parma) e Franco Musarra (Univ. di 
Lovanio)
Franco.Musarra a arts.kuleuven.be; fluisi a libero.it

Nei secoli XV e XVI è preponderante, in Italia, la presenza di musicisti
provenienti da Paesi franco-fiamminghi e d’oltralpe in genere. Il fenomeno
s’inquadra in una situazione culturale che si alimenta dell’appassionata
aderenza a uno stile musicale di forte impatto intellettuale. Tale stile
si compendia nella musica polifonica, appannaggio delle grandi cappelle
musicali ma ben presto coltivata anche nelle corti del Rinascimento e
nelle classi alte della società italiana. Il fenomeno è noto sul piano
musicale ed è ormai accertato il contributo che i musicisti nordici hanno
dato alla cultura della Penisola, importando un sistema compositivo basato
sulla tecnica del contrappunto, dell’elaborazione polifonica e
dell’artificiosità. Tali elementi seppero rendere al prodotto musicale
un aspetto intellettualistico al quale i musici italiani guardarono 
dapprima
con ammirazione e, in seguito, con costruttivo spirito di emulazione. Nel
Quattrocento, in particolare, i musicisti fiamminghi trovarono in Italia
una tradizione autoctona che privilegiava l’espressione monodica 
accompagnata
che, interpretando istanze culturali di marca umanistica, tendevano ad
esaltare la melodia, il testo poetico e il suo portato semantico. I
musicisti d’oltralpe importavano di contro prodotti polifonici 
elaboratissimi
che guardavano ai testi letterari come semplici “pretesti” a cui affidare
l’elaborazione. Mancava quasi del tutto l’ariosità espressiva delle
linee melodiche orizzontali ed era disatteso il rapporto tra la semantica
del testo e l’invenzione musicale. In estrema sintesi si può affermare che
il musicista italiano si esibisse nella creatività melodica e quello
fiammingo nell’elaborazione contrappuntistica. A metà strada del percorso,
agli inizi del Cinquecento, la situazione appare esemplarmente definita
nel Cortegiano, ove appaiono stigmatizzati il “cantare alla viola” e
il “cantare a libro”, rispettivamente in relazione al canto espressivo
accompagnato e al canto polifonico contrappuntistico, risultando chiara
la propensione del Castiglione per il primo, giacché considerato il più
idoneo a rendere espressività alla poesia. Ma nel corso del Cinquecento
i compositori fiamminghi attivi in Italia – succeduti alla terza 
generazione
– scriveranno madrigali polifonici su testi italiani, come peraltro faranno
gli italiani che avranno assorbito la lezione compositiva dei colleghi
oltramontani. Non è chiaro come si sia giunti a tale perfetta integrazione
degli intenti artistici: il problema non riguarda evidentemente
l’acquisizione d’una tecnica di composizione da una parte o la conoscenza
della lirica italiana dall’altra. Esiste in realtà una sottile continua
frequentazione delle culture destinate a entrare l’una nell’altra in una
fusione perfetta, superando le differenze linguistiche, integrando i
meccanismi della composizione, sperimentando nuove soluzioni sulla 
diversità
intesa come arricchimento delle possibilità compositive ed espressive.
Ed è importante considerare il quadro artistico nel suo insieme anche
all’interno delle singole espressioni artistiche. Si mira perciò a
delineare anche i presupposti d’interazione su piani letterari, 
linguistici,
sociali e di costume. Le testimonianze non mancano, ma al momento sembrano
circoscritte in un ambito indiziario. Sono molti, ad esempio, i casi in cui
gli stessi nomi (non solo quelli di difficile pronuncia) dei musicisti e
di altri artisti vengono italianizzati con evidenti intenti 
familiarizzanti.
Per fare un esempio, non solo si troverà scritto “il nostro Adriano” in
riferimento al compositore e maestro di cappella Adrian Willaert, ma anche
il più significativo “il nostro Uigliart”. Similmente si notano casi in cui
incipit di varie chanson franco-fiamminghe assunte nel repertorio 
polifonico,
elaborato negli ambienti aulici italiani, subiscono trasformazioni grafiche
aderenti alla resa fonetica originale, oppure danno origine a composizioni
mescidate italiano-francese o italiano-fiammingo o italiano-tedesco che
finiscono col diventare un genere, quasi una categoria “caricaturale” di
composizioni utilizzate con funzioni “rappresentativo-buffonesche” o
“ironico-ricreative” in ambito cameristico. In ambedue i casi la loro
utilizzazione fa evidentemente leva sul ricorso alla memoria, 
all’evocazione
o ricreazione di situazioni ben circostanziate e note che rappresentarono
una consuetudine nel costume e nell’immaginario collettivo. Per fare 
qualche
esempio, la canzone francese già graficamente contaminata “La vida de 
Culin”,
presente nel Ms 871 di Montecassino databile all’ultimo quarto del
Quattrocento, non solo offre il suo tema alla composizione “Que farayie”,
ma a lungo sopravvive al tempo, essendo indicata come titolo di danza in
un trattato manoscritto degli anni Trenta del Cinquecento conservato a
New York. In un altro caso il brano che ironizza sui Lanzichenecchi e sulla
lingua alemanna del compositore Alexander Coppinus, “Lanx maine far choxon”
nel Ms BR 230 della Nazionale di Firenze (dei primi anni del ‘500) è
soggetto a ulteriori trasformazioni linguistiche nel “Lanziman star cozone”
del coevo Ms Magliabechiano 121 della stessa biblioteca. Ma forse la
circostanza più evidente della contaminazione si trova in alcune
composizioni centonizzate che accolgono, in un sapiente tessuto
contrappuntistico polifonico, un insieme di varie citazioni originali
appartenenti sia al repertorio italiano che a quello franco-fiammingo.
Volendo citare un esempio si può ricorrere al brano attribuito a un non
meglio identificato Musicola (evidente nome d’ispirazione umanistica)
che in un centone del Ms Magliabechiano 164-167 della suddetta biblioteca
mette insieme, come in un ingegnoso puzzle musicale, una serie di frammenti
di canzone tra cui “Fortuna disperata”, “Vidi la forosetta” “Mangia 
biscotto”,
“Iam pris amours”,” Scaramella”, “Non dormite”, “Ma buce rit”. La
composizione si fonda su un apparente gioco non-sense, ma nel contempo 
offre
una ricognizione gustosa di una presenza plurilinguistica e multiculturale
che produrrà in Italia anche repertori specifici, come quello delle canzoni
“grechesche” e delle “todesche” che si affiancano con diritto alle
“ciciliane”, alle “napolitane” e alle “viniziane”, altro non essendo che
repertori ricreati sulla falsariga linguistica e fonetica delle varie
comunità interagenti nella Penisola italiana.
Nella sezione si accettano relazioni non solo di musicologia ma anche di
teatro, letteratura, cultura sempre incentrate sugli scambi interculturali
tra le culture d’oltralpe e quella italiana vista anche nella sua
differenziazione regionale.


Sezione 9
Le opere della Letteratura Italiana in età moderna e la loro ricezione 
nel mondo
a cura di Pasquale Guaragnella (Univ. di Bari)
pasquale.guaragnella a uniba.it

Il panel si propone di accogliere contributi di studiosi attenti a 
segnalare
i “vuoti” e i “pieni” nella ricezione fuori d’Italia della letteratura
italiana moderna, con particolare riferimento ai classici, ma con 
attenzione
anche a momenti meno frequentati nella cultura letteraria italiana.
Se è ben noto che autori come Dante e Machiavelli primeggiano nella
diffusione all’estero, tanto in versione originale quanto attraverso
numerose e sempre aggiornate traduzioni, una mappatura relativa alla
tradizione letteraria italiana nel mondo è ancora ben lontana dall’essere
completata. Momenti specifici degni di nota potrebbero essere costituiti
dalla fortuna del romanzo e delle forme narrative brevi; dalla storia di
generi letterari il cui sviluppo in Italia e all’estero è cresciuto in
parallelo (il saggio e la prosa argomentativa, soprattutto di carattere
storico, filosofico e morale). Scopo del panel qui proposto è cercare di
colmare la lacuna che abitualmente si sperimenta negli studi sulla 
ricezione
della cultura letteraria italiana, studi che vedono momenti forti nelle età
più lontane (le “corone” fiorentine e il Rinascimento) o nella 
contemporaneità,
lasciando tuttavia pressoché scoperti interi secoli (dal Seicento al primo
Ottocento) fondamentali per lo sviluppo dell’identità culturale italiana.


Sezione 10
L’insegnamento dell’italiano in Italia e all’estero
a cura di Patrizia Mazzotta e Rossella Abbaticchio (Univ. di Bari)
patrizia.mazzotta a uniba.it; rossella.abbaticchio a uniba.it

Il panel ospiterà contributi di docenti e studiosi interessati alle 
dinamiche
e agli aspetti teorici e pratici della didattica dell’italiano come lingua
materna o seconda entro i confini nazionali e come lingua straniera. Si 
darà
particolare spazio alle questioni glottodidattiche più problematiche; agli
approcci didattici più innovativi, quali ad esempio il CLIL; alle 
tecnologie
per la formazione a distanza e per il lifelong learning e alle principali
iniziative di promozione e diffusione della lingua italiana all’estero.
Sono previsti, inoltre, contributi relativi alle certificazioni di italiano
come lingua seconda o straniera rilasciate da istituzioni ed enti 
italiani ed
esteri. Il panel comprenderà anche interventi intesi a illustrare 
esperienze di
insegnamento dell’italiano nelle scuole e nelle università dentro e 
fuori dai
confini d’Italia.


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(c) Bollettino '900 - versione e-mail
Electronic Newsletter of '900 Italian Literature
Notizie/B, dicembre 2013. Anno XIX, 6.

Direttore: Federico Pellizzi
Redazione Newsletter: Michela Aveta, Daniele Borghi,
Eleonora Conti, Anna Frabetti, Monica Jansen, Giuseppe Nava,
Michele Righini, Saverio Voci.

Dipartimento di Filologia classica e Italianistica
dell'Universita' di Bologna,
Via Zamboni 32, 40126 Bologna, Italy,
Fax +39 051 2098595; tel. +39 051 2088378.
Reg. Trib. di Bologna n. 6436 del 19 aprile 1995.
ISSN 1124-1578

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